La Vinicola Fratelli Piacentini nasce in quel di Ziano Piacentino negli anni settanta, su iniziativa di Valentino Piacentini, suo fratello, e sua moglie Adriana.
Gli inizi sono nel solco delle tradizioni locali: con i vini venduti principalmente in damigiana e con poche bottiglie prodotte con il sistema della rifermentazione naturale in bottiglia.
Piano piano cominciano a realizzare vini con il metodo charmat, affidandosi in un primo momento a dei contoterzisti, e passando successivamente ad un proprio impianto di imbottigliamento.
Passano gli anni, cambiano i tempi, ci sono i primi segnali di mutamenti climatici e alla Fratelli Piacentini decidono di incominciare a produrre dei vini tranquilli, sempre vini del territorio.
Nel frattempo vengono ampliati i locali della cantina e viene costruita una nuova struttura parzialmente interrata, destinata allo stoccaggio delle bottiglie e all’affinamento dei vini.
In tutto questo continuo evolversi di situazioni, in tutti questi cambiamenti si intersecano anche le storie di Sara ed Emanuel.
Sara, terminati gli studi di ragioneria, decide in un primo momento di lavorare fuori dall’azienda famigliare e di fare un po’ di esperienza. Con la determinazione che la caratterizza, prova diverse esperienze, passando dal lavoro dietro al bancone del bar a quello della cameriera di ristorante per finire come operaia in una piccola industria del paese. Ma, forse influenzata dal DNA famigliare, non si sente completamente appagata e decide di “tornare alle origini”. Inizialmente non occupa una posizione fissa e fa un po’ di tutto.
Poi, col passare del tempo, mamma Adriana comincia ad essere stanca di compilare registri e di tenere la contabilità e così, visto che Sara è ragioniera, decide di lasciare il testimone alla figlia che diventa, quindi a pieno titolo, la responsabile della parte amministrativa dell’azienda.
Quella di Emanuel è invece una storia completamente diversa. Terminato il liceo, comincia gli studi in agraria. Ad occuparsi dei vigneti sino a quel momento è sempre stato lo zio che però, purtroppo, si ammala ed è costretto ad abbandonare il lavoro. Quindi Emanuel decide di prenderne il posto e inizia a gestire la parte agricola dell’azienda.
È ancora una volta il DNA famigliare fa sentire la sua influenza. Di comune accordo con il padre Emanuel decide di iniziare a lavorare in modo diverso rispetto alla tradizione. Abbandona le lavorazioni meccaniche del terreno, comincia ad inerbire, si sposta verso un’ottica più “naturale” nella conduzione del vigneto.
Intanto l’azienda cresce, si consolida la produzione e si rende necessario ampliare la clientela. Sarà Emanuel, affiancato dal nucleo familiare, ad intraprendere questa strada.
Dall’incontro con Sara ed Emanuel è nata questa bella intervista.
Quale momento della vostra attività vi regala le maggiori soddisfazioni?
Sicuramente la parte finale del lavoro… il contatto con il cliente. È la parte più bella perché puoi raccontare la tua storia, descrivere i tuoi vini, le emozioni che ti hanno dato e nel contempo ricevere quelle del tuo interlocutore; sentire la sua di storia… davanti a un buon bicchiere di vino.
Tra i vini che producete quale vi rappresenta maggiormente?
È molto difficile dire quale vino ci rappresenti perché sono tutti” figli nostri “. In ogni vino c’è un po’ di noi; in ciascuno abbiamo lasciato la nostra impronta.
Ma se proprio dobbiamo scegliere… sono due: Sensazioni, il nostro metodo classico, e Mimosa, la Malvasia dolce. Sensazioni ci piace tantissimo. È un vino dalla forte personalità accompagnato anche da finezza ed eleganza. È sempre una gioia degustarlo nelle varie sboccature (attualmente siamo ai 36 mesi), scoprire l’evoluzione che ha avuto, scoprire l’evoluzione del suo bouquet.
Mimosa invece è armonia, piacevolezza, equilibrio, eleganza. È un vino, apparentemente, delicato quasi “fragile”, un po’ come il fiore di mimosa, che però poi dimostra una grande struttura, una grande forza quando lo porti al palato abbinandola ai formaggi. È come se si insinuasse tra le pieghe, tra le punte aromatiche dei formaggi e le colmasse creando un equilibrio perfetto in bocca.
Come sono nati i nomi dei vini fermi di vostra produzione ispirati alla volta celeste?
È una storia curiosa e se vogliamo divertente. Non nasce da una passione per l’astronomia, come potrebbe subito sembrare, ma da una passione cinematografica. Papà è un grande estimatore del film Ben Hur, mitico film che si aggiudicò ben undici premi Oscar!!!!!. E non perde occasione di rivederlo (penso che ormai sia in grado di anticipare le battute 😜😜). Nella trama ci sono cinque splendidi cavalli bianchi arabi, usati da Ben Hur nella famosa scena della corsa delle bighe dentro il Colosseo, che portano questi nomi (Antares, Aldebaran, Altair, Rigel e Mizar). Quando nel 1997 abbiamo creato la linea dei vini fermi non abbiamo avuto alcun dubbio su quali nomi dare ai nostri vini, anche perché papà erano anni che insisteva.
La viticultura piacentina attraversa un momento difficile, cosa si dovrebbe fare a vostro giudizio per invertire la rotta?
Sul cambiamento della viti-vinicultura ma anche vinicoltura potremmo discutere a lungo. Non è sicuramente un argomento facile da sviscerare. Prima di tutto, pensiamo, che dovrebbe cominciare a credere un po’ più in se stessa. Piacenza ha la fortuna di avere una conformazione geologica, di avere un clima che gli permettono di potersi permettere di spaziare, nella produzione, dai vini frizzanti ai fermi, agli spumanti, presentando punte di eccellenza in ogni categoria. È non è facile trovare regioni che presentino tanta variabilità. Dovrebbe credere di più nelle sue potenzialità. Molte volte, parlando con persone che scoprono per la prima volta il nostro territorio, rimangono positivamente colpite dalla bellezza dei paesaggi, dalla bellezza dei luoghi e si stupiscano del fatto che sia poco frequentata…”Non ha nulla da invidiare a Toscana e Piemonte…” la frase che più spesso ci sentiamo dire.
Dovrebbe, secondo noi, investire molto di più in ricerca. Non conosciamo ancora appieno le nostre uve, quali potenzialità possono avere. Molto spesso ci si muove su basi empiriche, date forse dalla “tradizione”, dalla consuetudine senza chiederci se un cambiamento potrebbe migliorare la produzione.
Bisognerebbe fare squadra. Sono ormai più di trent’anni che sentiamo dire che a Piacenza bisogna fare sistema, fare squadra ma ad oggi, salvo rare eccezioni, ci si muove ancora ognuno seguendo la propria strada. Un esempio utile potrebbe arrivare dal “fenomeno Prosecco”. Al di là di mille disquisizioni tecniche si è partiti, secondo noi, da un punto fondamentale: cosa vogliamo fare del nostro prodotto? Dove vogliamo portarlo? E di conseguenza si è costruito il sistema operativo per portare quel prodotto. Lo stesso dovremmo fare a Piacenza, soprattutto per il Gutturnio. Per un mercato interno, a noi molto prossimo (Milano, Cremona, Parma, Varese…) continuare con la tradizione del frizzante, visto che per quarant’anni si è parlato di Gutturnio frizzante, investendo anche parecchi soldi. Per l’estero è difficile concepire un rosso frizzante… Creiamo il “Rosso Piacenza” che risponda alle esigenze di mercato, non confonda il consumatore (il Gutturnio come lo vuole, frizzante o fermo?) Quando si parla di Barolo si sa subito di cosa si sta parlando.
Capiamo poi che sia difficile perché ognuno di noi dovrebbe rinunciare, dovrebbe sacrificare qualcosa di se per un bene comune. Ma è anche vero che, oggi molti, commercializzano i vini con dei nomi propri, quindi penso che vendere ” Rosso Piacenza” piuttosto che Gutturnio superiore/riserva non faccia molta differenza se ho fidelizzato il mio cliente al mio prodotto con il mio nome.
Altro aspetto importante il Consorzio di tutela. Molto spesso diciamo che il Consorzio non fa questo, non fa quest’altro…. ma è anche vero che il Consorzio è fatto dai soci, è fatto dai produttori. Se questi ultimi ne stanno fuori pensando che debba essere qualcun’altro a risolvere i loro problemi…. Beh sarà difficile andare lontani. Solo portando ognuno la propria voce e la propria partecipazione si può costruire qualcosa.
Cosa pensate delle nuove tecnologie digitali come ad esempio il commercio elettronico ed i social networks?
Riteniamo che le nuove tecnologie digitali siano un grossissimo aiuto per noi produttori. Per quanto riguarda i social sicuramente. Sono un mezzo di comunicazione low cost molto efficiente; ti permette di raggiungere un sacco di persone in tempo reale, differenziando la comunicazione per fascia di consumatore, in modo molto agevole.
Per quanto riguarda l’e-commerce non siamo altrettanto sicuri. Ammettiamo anche un po’ di ignoranza in questo campo. Ma dalla nostra piccola esperienza vediamo che, riteniamo per fortuna, il prodotto vino sia ancora qualcosa di molto personale, che riguarda ancora molto la sfera emozionale di ognuno. Quindi o conoscono il prodotto e allora acquistano, attraverso questa via, altrimenti vediamo che è difficile che si lascino convincere ad acquistare. Altro aspetto che frena molto, sono anche i costi di spedizione. Talvolta ci è capitato di ricevere richieste di vino. Ma alla fine, aggiunte le spese di spedizione, il prodotto risultava poco conveniente, il peso del trasporto incideva troppo.