Più Export Gutturnio e DOCG le sfide per il futuro

Roberto Miravalle
Roberto Miravalle

Roberto Miravalle è il presidente del Consorzio di Tutela dei vini Doc Colli Piacentini, al suo secondo e ultimo mandato. In occasione del 50esimo anniversario del Gutturnio lo abbiamo intervistato in merito alle iniziative relative all’attuale situazione dei vini dei colli piacentini.

“Sono presidente del Consorzio da sei anni – ha spiegato – e sto per completare il mio secondo mandato. Sono un agronomo e la mia vocazione viticola viene da lontano: dal 2004 sono tutore del Master Universitario: “Gestione del Sistema Vitivinicolo” presso l’Università Statale di Milano, dove per un periodo ho ricoperto la docenza di Agronomia nel corso di laurea di Viticoltura ed Enologia. Da sempre mi occupo di studiare e approfondire le tecniche di coltivazione del vigneto Italia, e scrivo di questo argomento su diverse riviste specializzate di settore. Amo il vino da sempre: da giovane ho fatto il mio internato, come si chiamava allora, per specializzarmi in Viticoltura con maestri d’eccezione come il prof. Mario Fregoni e il prof. Attilio Scienza, che mi trasmisero amore e passione per questo lavoro: da allora il mio impegno e la mia carriera sono sempre stati incentrati sul vino e sulla ricerca agraria ”.

Tanti e prestigiosi sono gli obiettivi che Miravalle ha conseguito nei suoi due mandati da presidente: “Innanzitutto ci tengo a ricordare la lotta che io e i miei collaboratori – ha continuato Miravalle – abbiamo portato avanti con successo per recuperare e salvare la denominazione DOC di un vino  piacentino particolarmente amato, l’Ortrugo. Il sistema di denominazione aveva un vizio all’origine, e i nostri viticoltori hanno rischiato di vedersi cancellare l’etichetta DOC dai prodotti: sarebbe stata una vera tragedia. Abbiamo portato le nostre ragioni dapprima presso la Regione a Bologna, poi a Roma e infine a Bruxelles, e abbiamo portato a casa il risultato sperato: l’Ortrugo resta un vino DOC come merita”.

Il secondo obiettivo centrato riguarda il Bonarda: “In questo caso – ha raccontato il presidente – la battaglia si è svolta su un piano scientifico e storico. Il rischio era quello che il vino Bonarda dei Colli piacentini non potesse più fregiarsi del nome Bonarda, riservato solo al prodotto lombardo, poiché quel vitigno che si coltiva nelle nostre zone (Croatina), si chiama localmente Bonarda da oltre 200 anni. Croatina e Bonarda sono due sinonimi: è stata una battaglia complicata e piuttosto dibattuta, ma anche in questo caso, alla fine, ha prevalso il buon senso, e il vino piacentino può continuare a chiamarsi  “Bonarda dei colli piacentini”. Che è una DOC dal 1984!”.

L’impegno di Miravalle non ha riguardato solo il versante delle denominazioni: il suo sogno, infatti, è sempre stato quello di portare i piacentini ad uscire di casa e a farsi conoscere a livello nazionale e internazionale. “Abbiamo avviato un ambizioso progetto – ha ricordato – che verte intorno alla conoscenza e alla reputazione dei nostri prodotti, attraverso la partecipazione a concorsi internazionali che potessero far conoscere i nostri vini oltre i confini locali. In pochissimo tempo l’impegno profuso ha dato frutti insperati: le etichette piacentine come il Gutturnio o la Malvasia hanno fatto letteralmente incetta di premi e riconoscimenti importanti, che ci hanno riempito di soddisfazione. Ritengo sia fondamentale, per il futuro della nostra amata regione, presentarsi sul mercato internazionale, perché ha prodotti che non sfigurano, anzi, sono sempre più apprezzati anche all’estero”.

Ma quanti ettari dei colli piacentini sono destinati alla viticultura? “5400 nella provincia di Piacenza – ha spiegato Miravalle – 1500 producono il Bonarda, 1500 il Barbera, 700 Malvasia di Candia Aromatica, 600 l’Ortrugo, e i restanti si dividono in produzioni minori per quantitativi ma non per qualità, come per esempio il Pinot Nero, il Sauvignon bianco, il Cabernet Sauvignon e altri”.

la valtidone è verde di vigneti (002)Se tanti e faticosi traguardi sono stati raggiunti, molto lavoro resta ancora da fare: le sfide per il futuro sono sempre più ambiziose. “Principalmente sono tre le sfide che a mio avviso il prossimo presidente dovrà affrontare – ha aggiunto Miravalle – La prima e più grande riguarda il mercato: dobbiamo trovare nuovi mercati per i nostri prodotti, che non siano più solo quelli vicinali standard come Milano, Cremona o Genova; l’attuale congiuntura economica, caratterizzata dalla contrazione dei consumi in Italia e nel mondo, ci impone di pensare ad aumentare il nostro export. I nostri sbocchi più favorevoli possono essere la Svizzera, la Germania, gli Stati Uniti che già hanno manifestato interesse e apprezzamento per i vini piacentini, ma anche la Russia, nonostante le difficoltà legate all’embargo (che tuttavia non riguardano specificatamente il vino), e la Cina, che sono mercati promettenti. La seconda grande sfida riguarda ancora una volta l’impegno nella qualità dell’offerta. Dobbiamo completare la scala di valori e iniziare a produrre vini DOCG; il nostro impegno deve essere quello di attivare un ciclo positivo che parta dalle risorse umane per attrarre investimenti esteri importanti. Infine – ha concluso il presidente uscente – mi piacerebbe riuscire a portare anche nelle produzioni piacentine forme di certificazione del processo in campagna, come per esempio l’HCCP. Dobbiamo riuscire a portare lo stesso criterio anche nei vigneti, così facendo ogni fruitore potrà sapere se il vigneto da cui arriva il vino che sta bevendo ha rispettato o meno determinati standard qualitativi”.

 

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