Filastrocca del Giullare
Iniziare senza salutare sarebbe volgare.
E iniziare salutando, è buona educazione.
E allora buongiorno, signore e signori, io chiedo la vostra attenzione.
Io sono un Giullare, del Casale Podere
Per farvi un po’ ridere
vi introduco il cerimoniere
Egli Sfoggia un gran sorriso
Poi Ti invita a bere
un bel Gutturnio nel tondo bicchiere.
Oppure un barbera, se proprio lo vuoi,
accompagnato ovviamente
da pisarei e fasoi.
Il ristoratore della Val Tidone si prende i capelli tra le mani e li tira dolcemente, poi un po’ più forte, sentendo crescere la disperazione. I clienti diminuiscono, i Colli si spopolano, le terre inaridiscono e a mangiar da lui non vien più nessuno.
Allora ha sentito l’amico di Milano che ha fatto i soldi col web, che gli ha detto “ma si dai, cosa ci vuole, fai un video, lo metti sui social, tac, tempo due settimane sei pieno più di prima”. E allora gli ha chiesto: cazzo metto nel video? e l’amico: “parole chiave, vecchio, parole chiave da indicizzare”.
E lui quando pensa ad una parola chiave della sua esistenza, gli viene in mente la parola pisarei.
Perché dalla prima volta che l’ha sentita, tutte le volte che la sente ride, lo mette di buon umore.
Perché la prima volta che l’ha sentita, l’ha sentita dalla voce di sua nonna materna, voce forte, squillante, di nonna amabile e invincibile poi vinta dal cancro.
Perché dalla prima volta che li ha assaggiati, sono diventati il suo piatto preferito, i pisarei e fasoi.
Rilegge la filastrocca e gli vien la tentazione di stracciare tutto. Penosa. Fa due o tre modifiche, rime, assonanze, peggio di prima.
Mal di testa pulsante, pesantezza frustrante, schiaccia invio e pubblica sul sito.
Si apre la porta del ristorante e compaiono due vecchini, lei raggrinzita lui anche ma dalla faccia simpatica. Parla lui e dice, avete un tavolo per due, siam venuti da Milano apposta.
Il ristoratore della Val Tidone esulta in cuor suo; ha funzionato! Sono indicizzato!
Si azzarda a chiedere al vecchino: mi avete trovato su internet?
Se l’è l’internet? Ma va là, me l’ha detto il Gianni che è stato qui trent’anni fa e ha detto che si mangiavano i migliori pisarei e fasoi del mondo!
E il ristoratore sorride, perché la parola Pisarei lo fa sempre ridere.
Prepara il pisareo più buono che abbia mai cucinato, per i due vecchini. Non importa se sarà l’ultimo, se dovrà chiudere, se dall’indice passerà al medio. L’importante è che i due vecchini muoiano felici, e magari tra trent’anni arriveranno lì i loro nipoti apposta per assaggiare i suoi pisarei.
Pisarei. Ride, ripensa a sua nonna, e va in sala a servirli felice.
Stefano Lodi è nato nel 1976 a Cernusco sul Naviglio. Laureato in ingegneria chimica presso il Politecnico di Milano, Italia, sperimenta le sue tecniche di scrittura durante un periodo di vita a Zurigo, Svizzera.
Ingegnere di professione, si è avvicinato negli anni allo Shiatsu, che pratica ed insegna, ed alla filosofia che sottende questa affascinante disciplina.
Ha pubblicato “Trentatré” e “Apocalipse Montestella” con Zona ed alcuni racconti su riviste letterarie spaventosamente eteree.