Tra le realtà produttive piacentine più interessanti e dinamiche possiamo certamente annoverare l’azienda Vitivinicola Valla, nata nel 2007 su iniziativa del giovane ed omonimo titolare Davide Valla.
Dopo una solida esperienza nel settore, maturata nel campo presso altre importanti aziende della zona, Davide ha deciso di mettersi in proprio proseguendo l’attività di famiglia intrapresa nel passato dal nonno Francesco e dal padre Edmondo.
Oggi conduce personalmente i quasi cinque ettari di vigneto ubicati nel comune di Ziano Piacentino e coltivati secondo i moderni principi della Difesa Integrata Avanzata. Le uve ricavate vengono trasformate da Davide in ottimi vini prodotti seguendo i dettami della lavorazione ancestrale dei vini frizzanti, ossia facendo svolgere la fermentazione per la presa di spuma direttamente in bottiglia, ottenendo così vini a rifermentazione naturale.
Abbiamo incontrato Davide e bevendo insieme un bicchiere del suo ottimo Gutturnio frizzante ancestrale, è nata questa breve intervista.
Davide, puoi spiegarci quali sono i principi fondamentali della Difesa Integrata Avanzata?
La coltivazione secondo le regole della Difesa Integrata Avanzata prevede anzitutto di ridurre al minimo gli interventi sulla vite, nel pieno rispetto della natura e della materia prima. Si tratta in pratica di operare una drastica riduzione nell’uso di fitofarmaci attraverso alcuni accorgimenti alternativi e più naturali. Ad esempio preferendo soltanto quei fitofarmaci poco o per niente tossici per l’uomo e per gli insetti utili, oppure contrastando gli insetti dannosi tramite la diffusione di ferormoni che ne provocano la confusione sessuale inibendone la riproduzione. Altro accorgimento molto praticato è l’utilizzo di fitofarmaci che possano essere facilmente denaturati dall’azione biochimica del terreno e dall’aria. Allo stesso modo si preferisce intervenire soltanto quando si verificano le condizioni utili allo sviluppo dei parassiti, irrorando con fitofarmaci specifici solo in caso di effettivo pericolo di infezione e non ad intervalli fissi a scopo preventivo. Infine, altra buona pratica è la tempestiva eliminazione di piante infette.
Sempre a proposito della coltivazione dei vigneti, alcune lavorazioni tradizionali e largamente utilizzate in Val Tidone sono la massiva concimazione e la frequente fresatura dei terreni. Come Ti poni rispetto a queste pratiche?
Non eseguo lavorazioni standardizzate dei vigneti: fresatura, ripuntatura e sfalcio dell’erba sono effettuate solamente quando le condizioni climatiche lo richiedono. Preferisco limitare le concimazioni. Intervengo solo quando è strettamente necessario, previa analisi del terreno, al fine di compensare le reali carenze degli elementi nutrienti e utilizzando solo concimi organici naturali. Tutti questi accorgimenti sono finalizzati ad ottenere uve di altissima qualità e con un basso impatto ambientale. Solo da materie prime di qualità si possono ottenere ottimi vini.
Venendo alla vinificazione, Ti avvali di tecnologie o di protocolli particolari?
In cantina, grazie ad un paziente ed attento recupero degli storici vasi vinari, posso contare su una serie di vasche di cemento vetrificato, che utilizzo durante tutto il processo di trasformazione delle uve. Dopo la macerazione e la successiva fermentazione, il vino viene fatto riposare per un lungo periodo di affinamento in questi contenitori. Grazie alla loro porosità, queste vasche consentono un micro scambio di ossigeno tra il vino e l’atmosfera, favorendo così un ottimale affinamento del prodotto. Non faccio chiarifiche chimiche ai vini e non uso la filtrarazione prima degli imbottigliamenti, non voglio togliere nulla di buono.
Parlaci dei tuoi vini ancestrali, cosa sono, come nascono e quale futuro immagini per questa tipologia?
La lavorazione ancestrale dei vini frizzanti consiste nella fermentazione per la presa di spuma in bottiglia, e consente di ottenere un vino frizzante a rifermentazione naturale. Da sempre è stato così, prima dell’intuizione dell’Ing. Martinotti nei primi anni del 1900. Da molti è conosciuto come Metodo Charmat e non fa altro che considerare l’autoclave come una sorta di enorme bottiglia nel quale svolgere la fermentazione. Certo che si ottengono vini puliti e belli limpidi, ma al contempo si privano delle cose buone che i lieviti lasciano al vino. Altrimenti perché le migliori “bollicine” al mondo sono da Metodo classico o Champenoise?? I lieviti a fine fermentazione muoiono e restano sul fondo della bottiglia svolgendo una doppia azione: preservano il vino dalle ossidazioni, e cedono quanto di buono hanno attraverso l’idrolisi della parete cellulare, sfruttando l’alcol come solvente in questo processo. Complicato a dirsi forse, ma tremendamente semplice ed efficace nella pratica. I vini prodotti in questo modo sono di gran lunga più longevi dei “fratelli” fermentati in autoclave, e con tenori di Anidride Solforosa molto inferiori.
Per ultima la domanda più difficile. La viticoltura piacentina sta vivendo un momento di oggettiva difficoltà, quale potrebbe essere, a tuo giudizio, la ricetta giusta per un compiuto e duraturo rilancio dei vini dei colli piacentini?
Bella domanda… se ne avessi la possibilità (ed una bella bacchetta magica) cambierei tante cose, a partire dal nostro disciplinare Vini D.O.C. Innanzitutto dobbiamo ancora capire quale “vocazione” abbiamo, siamo “Frizzanti” o “fermi”?? Facciamo ottimi vini frizzanti, come da tradizione, ma negli ultimi anni ci sono aziende che hanno prodotto tipologie di vini fermi di ottima fattura, provenienti da vitigni autoctoni. E’ su questo che dobbiamo puntare secondo me. In un mondo dove ormai tutti fanno tutto, ed in tutte le parti del pianeta, è assurdo lasciar morire dei prodotti di nicchia che solo noi possiamo produrre e commercializzare. Deve essere questa la nostra forza, la nostra arma segreta. Certo che la strada sarà lunga e tutta in salita, dobbiamo rilanciare la nostra zona innanzitutto, attirare turisti e portarli nelle nostre colline a bere i nostri prodotti e mangiare le nostre prelibatezze culinarie, non abbiamo nulla in meno di altre zone d’Italia più blasonate. Dobbiamo investire, come collettivo, in una azione di marketing potente e mirata e riportare Piacenza e le sue valli sulla cresta dell’onda. Di conseguenza una cosa aiuta e completa l’altra. In un sistema che va sempre più verso la globalizzazione, secondo me potremo risollevarci solo andando controcorrente, altrimenti, considerando le nostre piccole dimensioni produttive (a paragone di altre Provincie) verremo fagocitati dal mercato, che non richiederà più i nostri vini, che di conseguenza verranno utilizzati esclusivamente per il consumo locale o limitrofo facendo collassare su se stessa la rete vendita. Di certo ti posso dire (e mi auguro vivamente) che entro i prossimi 10 anni Piacenza potrebbe diventare la Provincia più importante in Italia per la produzione di vini passiti, la nostra Malvasia di Candia Aromatica si presta bene a questa tipologia di vino, e già tante aziende sono ai vertici nazionali con i loro ottimi prodotti.